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274 i marmi - parte seconda


Vico Salvietti, Pollo degli Orlandini,
ed Enea della Stufa.

Vico. Vedete, Pollo, la mi pareva piú vera che s’io fussi stato desto. Deh, udite, di grazia. Egli mi parve d’esser fatto colonnello generale del re Francesco e avere a fare da ventimila fanti, tra archibusieri e picche. Ben sapete che io mi messi súbito in arnese e feci capitani e alfieri, luoghitenenti, caporali, che so io? un mondo di capi; e dá danari a questo, dagli a quell’altro, tanto che io cominciai a fare una buona buca in un tascone di corone. Eccoti che molti giovani nobili e ricchi assai bene, quando ebbono inteso che io aveva da far gente, mi vennero a trovare ben di buon cervello; e chi diceva: — Signore, se voi mi date la condotta, io ho cinquecento archibusieri forniti, bravi, valenti e attilati — e con favori e gran promesse mi facevan dar la caccia. Io, che desiderava onore, vedute tante offerte, súbito sborsava e faceva capitani: volete voi altro? che in questo modo ne feci assai che m’avevano cose alte alte in parole promesso, e mi trovai a fatti basso basso; ché vi fu tale che voleva menar seco seicento fanti ed ebbe i dinari, che non ne condusse cento e cinquanta, talmente che, credendomi avere un giorno in essere quindici o venti mila uomini, mi ritrovai con cinque o sei mila pecore: pensate che io era per disperarmi.

Pollo. Quanto avrei io gridato! che villanie avrei io detto a quei capitani!

Vico. Non mancavano le bravate; ma che giovavano? Perché uno diceva: — Egli m’è stato portato via le paghe —; chi diceva: — Domani, stasera l’arete — (e l’altro: — Il fegato). — Sta mani, quando feci la rassegna, n’aveva trenta di piú: dove, diascol, son eglino andati? — Certi altri capitani biastemavano che i loro alfieri e caporali avevano condotto fanterie stracche,