Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. I, 1928 – BEIC 1814190.djvu/42

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Nicolò Martelli, Visino e lo Stradino1.

Nicolò. Badate a venire; voi l’udirete dire. Che accade di saper chi l’ha fatta? Basta che l’è bella: e’ si saprá poi quando la si stamperá; per ora non si dice il nome. L’è qui un tratto e s’ha da lègger tutta.

Visino. Lasciami almanco lègger gli strioni o tu gli leggi tu, ché io voglio andare insino a bottega e voltar di qua senza venir alle scalee.

Nicolò. Tu se’ Lisabetta, Visino, e l’Infradicia oggi mai: to’ to’, leggi e poi va in mal’ora.

Visino. Come io l’avrò letta, te la riporterò insin qua.

Nicolò. Non correr via con essa, vien qua; diavol! tu ci guasti una bella festa.

Visino. A vostra posta; io tornerò or ora.

Nicolò. Questo scimonito me n’ha fatta una! S’io non gne ne pago, non vaglia. Padre Stradino, se voi non ci soccorrete di qualche cosa nuova da lèggere, sta sera noi siamo rovinati.

Stradino. Cacasangue venga a’ savi! Egli aveva pontati i piedi al muro di volerla e voi sète un baccello a lasciarvela uscir di mano, potta della Consacrata! Dio sa quando ve la renderá.

Nicolò. L’è fatta; qua non c’è riparo; mostrate, se voi ci avete nulla di bello.

Stradino. Il Romuleonne aveva tolto, per leggerne uno straccio in palazzo dopo cena; ma v’era da dar tanta udienza che io non ho potuto. Eccolo.

Nicolò. Oh che librone! E’ debbe essere un bel libro, poi che egli è sí grande e sí alto.

  1. Giovanni Mazzuoli, soprannominato anche, da un suo intercalare, il Consacrata, e anche il Pagamorta, un de’ fondatori dell’accademia degli Umidi [Ed.]