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ragionamento quinto 61


Carafulla, Ghetto, Scalandrone
e Dubbioso e Risoluto forestieri.

Carafulla. Divinamente, sta bene, tu ne sai un pien sacco; certo, sí, che tu l’hai indovinata: la luna non fa, per quanto io ne veggo, altrimenti stasera.

Ghetto. Se la non fa stasera, la debbe aver fatto; e se l’è pregna, la fará. Queste cose me l’ha insegnate la mattematica: io l’imparai sul libro di mio padre e so tutte tutte le volte che fa la luna.

Carafulla. La ti fa dar la volta al cervello la luna, il mio Ghetto. Che cosa v’è egli su quel libro di tuo padre?

Ghetto. Che il cielo è tondo e per questo si dimanda spera; ma perché mezzo va di sopra noi e mezzo sotto, perciò quella spera si taglia in due pezzi.

Carafulla. Come? si rompano gli specchi e le spere?

Ghetto. Il mondo, il mondo si divide in due parti; che si chiamano... non me ne ricordo.

Carafulla. Emisperi.

Ghetto. Sí, sí, minisperi.

Carafulla. Mezzi tondi, id est.

Ghetto. O mezzi o tutti... E dice poi che bisogna mangiarsi una linea.

Carafulla. «Mangiarsi» o «imaginarsi»?

Ghetto. Tant’è: una cosa che vadi attorno.

Carafulla. «Cinga» e non «vadi»: tu sei pazzo.

Ghetto. Pazzo se’ tu.

Carafulla. Or di’, via, ché io ti voglio lasciar cicalare da te solo.

Ghetto. Mangiata che l’uomo l’ha, la viene a mostrare il minispero inferioribus superioris e si tocca scorzone.

Carafulla. Orizzonte!