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Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. II, 1928 – BEIC 1814755.djvu/212

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diceria dell'inquieto 207


lo passavo con diletti, lo dispensava in piaceri, e vattene lá; tanto che egli mi fece sí grande stomaco il fare, rifare, ritornare, stare, venire, trovare e ritrovare sempre le medesime cose che piú volte mi toccò un pazzo di dar del capo in un muro. Mi venne poi sete di fare il grande e d’esser reputato, e m’acquistai con promesse molti satelliti e con pasteggiarli; tal che io mi stimava un conte. Vennemi a fastidio poi quella servitú, perché conobbi espressamente che di libero m’era fatto servo; cosí, destramente, senza pure accorgermene, i’ spulezzai la canaglia da tornomi, tal che mi parve di rinascere. In questo, il mondo m’ebbe per pazzo, per poco stabile, e mancò poco che non mi mostrassino a dito. Io mi disposi di andar cercando paesi, per vedere se l’umore mi sballava: e, fatto gita per tutta una state, mi piacque per un tempo; poi mi s’apersero gli occhi e vidi espressamente che tutta la terra è fatta a un modo, perché, vedutone due miglia, cosí è fatto tutto il restante, e tutti gli uomini sono a un peso, come tu gli pratichi, e quello che non si vede in una cittá grossa, nobile e potente, non si vede in tutto il restante del mondo, chi giá non volesse andare ai monocoli o fra gli uomini salvalichi. Io mi sono, ultimamente, ritornato a casa, e vorrei eleggermi una vita che fosse lodevole, che fosse utile, piacevole, galante, civile e che so io, come pare a voi, in quel modo che giudicate secondo il vostro bizzarro intendere: e questa è la cagione perché ricorro da voi. Io son ricco, son d’un trentasette anni, son libero, ho qualche poco di lettera, un poco di zolfa, fo assai buona lettera, come vedete; ma ho solo un peccatiglio, di star poco saldo. Un servitor non mi contenta da due giorni in lá, una fante mi viene a noia in una settimana, una femina in un’ora; giocare, ho dato il mio maggiore, perché mi pare una stoltizia espressa, sí come ho letto nelle vostre opere, perché, s’io piglio un paio di carte e che io me le meni per mano un terzo d’ora, o due dadi, e gli tragga e ritragga, mi sazio, senza star tutto di e tutta notte dando, pigliando, rimescolando e traendo. Cento volte l’anno fo mutar la tavola per casa dove io mangio, perché, da due pasti in lá, non posso stare in quel medesimo luogo; il letto non istá mai una settimana