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i marmi - parte terza 35


però si fatta legge; ma la licenziosa natura ci tira e sforza, in questi corrotti anni, a viver sí sporcamente. Questo si dice a chi mena tal vita dissoluta e non a chi attende al ben publico e util particolare.

Fiorentino. L’ora è tarda; fia bene metter mano a una piacevol favola e ritirarsi a casa.

Peregrino. Tocca a voi cotesta impresa della novella.

Fiorentino. Per l’amor che voi mi portate, io vi prego a dirla, perché ho intronato il capo dal pensare la miseria del nostro tempo che ciascun cerchi l’ozio.

Peregrino. Che volete voi fare? Per questo non ci si metterá mai regola, se la non vien da qualche parte che possa piú che le forze umane. Or dite, via, questa favola.

Fiorentino. Fatemi questo piacere, ditela voi per questa volta.

Peregrino. Son contento, ma la dirò breve e forse che io la tirerò a proposito del ragionamento mio.

Favola del lione di marmo.

Messer Gabriello Vendramino, gentiluomo viniziano, veramente cortese, naturalmente reale e ordinariamente mirabile d’intelligenza, di costumi e di virtú, essendo io una volta nel suo tesoro dell’anticaglie stupende e fra que’ suoi disegni divini dalla sua magnificenza raccolti con ispesa, fatica e ingegno, andavamo vedendo le antiche sue cose rare, unite, e fra l’altre mi mostrò un leone con un Cupido sopra. E qui discorremmo molto della bella invenzione e lodossi ultimamente in questo, che l’amore doma ogni gran ferocitá e terribilitá di persone. Era con esso noi un galante ingegno che ci affermò una bugia per vera; onde noi ridemmo assai; ed è una favola a proposito del cicalamento che io ho fatto sopra, veramente cicalamento, perché non fará profitto alcuno, tanto sono accecati gli uomini. Disse egli avere avuto gran ragionamento e gran disputa con un suo amico della natura del leone e delle mirabili sue parti ed entrò tanto in sí fatte lodi che lo antepose all’uomo: