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Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. II, 1928 – BEIC 1814755.djvu/59

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fui della carcere sciolto che io mi voltai al fiume di Mugnone con questi versi:

     Sonanti liti e voi, rigidi scogli,
ove piangon dal vento Tonde rotte,
diserte piaggie e solitarie grotte,
ov’apro, ad altrui chiusi, i miei cordogli;
     Mugnone immenso, che nel grembo accogli
il fonte delle lagrime dirotte
ed al suon de le rime aspre interrotte
per pietá cheti gl’inquieti orgogli;
     orridi monti, e voi, minute arene,
che senza numer sète e senza fine,
sí come sono ancor mie grave pene,
     e voi, cime di monti al ciel vicine,
spargerò sempre al vento fuor di spene
da gli occhi umor, dal cuor voci meschine?

Adormentato. Chi non ha provato la corte di parecchi anni d’aspettativa e poi si vede morire il padrone inanzi che sia remunerato, non sa che cosa si sia disperazione: n’è vero, Disperato?

Disperato. Io mi sfogava con i versi e cantava i miei affanni e in rima metteva i miei dolori.

     Soleva ogni fontana lieto farmi,
ogni arbuscel, ogni ruscel corrente,
ogni selva lontana dalla gente
e ’l ciel scarco di nebbia rallegrarmi;
     or nulla può dal grave duol quetarmi
né ’l garrir delli augelli dolcemente
né quanta armonia il ciel o ’l mondo sente,
ché ciò vedo, odo, gusto, amaro parmi.
     Morto è il gran... e ogni mia voglia
in pianto è volta, ogni gioia in martiri,
ogni allegrezza in infinita doglia;
     lungo il turbato fiume aura che spir
non è né venticel percuote foglia,
ond’io rinfreschi i caldi miei sospiri.

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