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152 i marmi - parte prima



Lollto. Non avresti voi, fra tanti dispiaceri, se voi foste poeta, alcun piacere?

Silvio. Il lasciargli gracchiare, per la prima; s’io vedessi poi che ’ miei libri fussino lodati da chi è netto di parzialitá, gongolerei; se si vendessero che gli avessin spedizione a contanti, mi rallegrarci molto; e sopra tutte le cose starei di buona voglia, perché con questi mezzi farei crepare i miei nimici.

Gottifredi. Se qualche furfante o qualche dottoruzzo ignorantissimo, vedendo che le vostre cose sono approvate per dotte, per buone, per piacevoli, per utili e per dolcissime, si vantasse nell’orecchia di molti: — Io ho messo colui su la via del comporre, io gli ho fatto tutte le cose — e dicesse che voi non sapeste ciò che vi pescate senza lui, che fareste?

Silvio. Lo farei rimanere una bestia; perché, separandomi da lui, andrei e comporrei una dozzina d’opere e farei vedere al mondo che la sua eccellenza mente per la gola.

Gottifredi. Se egli vi scrivesse qualche invettiva contro per tôrvi l’onore e la fama buona?

Silvio. Non può uno infame far simil cosa, perché bisogna prima che ricuopra i suoi vitupèri e poi scuopri quei d’altri; ma negli altri son dubbii e in se stesso sarebbon risoluti, ciò è ch’e’ fossi un tristo e un ignorante.

Gottifredi. Pure, se la facesse da ghiottone e da traditore?

Silvio. Col tempo, messere, farei conoscer con l’opere la sua malignitá, e il tempo medesimo manifesterebbe ancóra le sue ghiottonerie. Io vi voglio dare, disse un nostro vecchio chiamato Salvestro del Berretta, un ricordo, che chi fa invettive contro ad altri, la maggior parte delle volte dipinge se medesimo.

Lollio. La mi va, perché d’una ch’io viddi giá stampata e scritta per mano d’un tristo, fatta contro a un giovane da bene, e l’ho ancóra, è tutta tutta convertitasi nell’inventor che la fece.

Silvio. Questo sarebbe un di quei piaceri che io avrei, che uno si fregiasse il viso da se medesimo, perché alla fine chi tien simil vie d’esser traditore agli uomini, l’attacca anco a chi