Pagina:Dopo il divorzio.djvu/143

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torno, e il tempo e il cuore, tutto era mutato. Tutto taceva.

La «camera dei forestieri» ora aveva una bella finestra dai cui vetri penetrava la luce viva e fredda del crepuscolo invernale. I mobili nuovi, ancora odorosi di legno verniciato, luccicavano lievemente di uno splendore biancastro, come velati di brina. La porta dava sulla loggia coperta, dalla quale una scala nuova, di granito, scendeva all’antico cortile. Tutta la casa era stata rinnovata. Il «Dottore» faceva affari. Possedeva uno studio nella parte più frequentata della città; era ricercatissimo tanto in civile come in penale; le cause più indiavolate, i delinquenti più vili, tutte le persone che maggiormente temevano i codici, s’affidavano a lui.

Giovanna finì di ripiegare, avvolgere, riporre le tele, le stoffe, i fazzoletti: la bisaccia era colma da ambe le parti, e la giovine la sollevò e la scosse perchè i pacchi calassero meglio a fondo. Poi si mosse, seria, le sopracciglia aggrottate; uscì e scese lentamente la scala, ficcando le mani entro due brevi aperture che la sua gonna d’orbace, come tutte le gonne dei costumi sardi, aveva sul davanti, dalla cintola in giù.

La sera di gennaio era limpida, ma freddissima: sul cielo d’un azzurro vitreo qualche stella argentea pareva tremasse di freddo. Attraversando il cortile, Giovanna vide, dietro i vetri illuminati della stanza da pranzo, il viso bianco e gli occhi ardenti di Grazia, che teneva in mano un giornale di mode. La fanciulla s’era fatta alta e bella: vestiva all’ul-