Pagina:Dopo il divorzio.djvu/158

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segno di croce, sembrandole che con loro fosse andato via il peccato mortale.

— Alla buon’ora. Buon viaggio, e il Signore vi aiuti — pensò zia Porredda, chiudendo il portone.

Nel silenzio cristallino dell’ora i galli cantavano con rauchi gorgheggi, vicini, lontani, più lontani ancora, e la piccola città dormiva sotto il cielo di vetro azzurro.

Questa volta le Era viaggiavano sole; dovevano scender la valle, percorrerne il fondo, risalirla e poi salire le montagne grigie all’alba, i cui picchi coperti di neve, d’un bianco metallico, si disegnavano crudamente sull’orizzonte.

Faceva freddo; non spirava vento, ma l’aria era tagliente, e un silenzio indescrivibile regnava nella grande valle selvaggia, accresciuto, anzichè rotto, dalla voce monotona di qualche torrente. L’erba invernale, corta e d’un verde intenso, incipriata di brina, copriva le chine di qua e di là dai sottili sentieri bruni; il musco umido odorava sulle roccie, e le macchie verdi stillavano brina: una freschezza selvaggia ringiovaniva la valle; ma i radi alberi contorti e brulli sorgevano, a grandi intervalli, come eremiti nudi, espostisi per penitenza al freddo e alla luce dell’aurora. Nei seminati la terra era nera, umida; e la linea delle muriccie, lunga, infinita, coperta di musco, saliva e scendeva serpeggiante: guardata dall’alto sembrava un enorme verme verde. Cammina, cammina, le due donne, con le mani, il volto e i piedi gelati, attraversarono il torrente in un guado ove l’acqua passava larga, bassa e silenziosa,