Pagina:Dopo il divorzio.djvu/159

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risalirono la valle e cominciarono a salir le montagne. Il sole era spuntato, vivido ma freddo, e le montagne della costa sorgevano azzurre sul cielo d’oro: il vento, ora, passava fra le basse macchie, recando un odore di roccie umide.

Le due donne viaggiavano silenziose, assorte: in un avvallamento ombreggiato dalle chine sovrastanti, candide di brina, incontrarono un uomo di Bitti che viaggiava a piedi; si salutarono, sebbene sconosciuti, e passarono oltre.

A mano a mano che salivano, il sole s’avvivava e le riscaldava: esse pensavano alla mèta che s’avvicinava, alle robe che tenevano entro la bisaccia, alle cose che dovevano fare appena arrivate al paese. Zia Bachisia pensava a zia Martina e alla soddisfazione che la vecchia avara proverebbe vedendo il corredo di Giovanna: e Giovanna pensava a Brontu ed alle cose curiose che egli diceva quando era ubriaco; ma entrambe, quando videro la chiesa di San Francesco, bianca al sole, adagiata a mezza china, fra le macchie lucenti, pensarono a Costantino e dissero un’Ave-Maria per lui. Arrivarono poco dopo mezzogiorno. Ad Orlei, nella cerchia dei campi umidi, sotto l’alito gelato delle grandi sfingi con le cime fasciate da bende di neve, il freddo era più intenso che a Nuoro, e il sole riusciva appena a riscaldare l’erba dei viottoli melanconici. I tetti erano rugginosi, ed alcuni coperti di gramigne; i muri neri di umido, gli alberi nudi, resi rossastri dal freddo; qualche spira di fumo livido saliva sul cielo chiaro, d’una solitudine infinita. Come sempre, il pae-