Pagina:Dopo il divorzio.djvu/160

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sello taceva e sembrava deserto, abbandonato; sui muri apriva le sue piccole coppe di carne verde l'ombelico di Venere, le lucertoline screziate prendevano il sole, le lumache e gli scarafaggi lucenti salivano di pietra in pietra.

Zia Martina filava sotto il portico, ove penetrava il sole, e vedendo tornare le sue vicine fu assalita dalla smania di sapere ciò che esse recavano entro la bisaccia, ma non si mosse e rispose contegnosa al loro saluto.

Verso sera rientrò Brontu, che ogni tre giorni visitava la fidanzata, e la madre volle accompagnarlo, curiosa di sapere ciò che le Era avevano portato da Nuoro.

Un magro fuoco di legno di ginepro ardeva sul focolare di zia Bachisia, proiettando lunghi sprazzi di penombra rossastra sul pavimento e le pareti terrose della cucina. Giovanna voleva accendere la candela, ma i Dejas glielo impedirono: zia Martina per istinto, Brontu perchè così nella penombra poteva meglio guardare la fidanzata.

Era mirabile il contegno di Giovanna davanti alla futura suocera ed a Brontu; ella diventava dolce dolce, la sua voce pareva quella d’una bimba, pur pronunziando parole savie e profonde; lo sguardo si velava, le lunghe ciglia s’abbassavano; ella sembrava una fanciulla di quindici anni, innocente e buona; e tutto ciò succedeva, non per voluta finzione, ma per istinto. Brontu ne era pazzamente innamorato, tanto che ora, quando s’ubriacava, correva da lei, s’inginocchiava, e cantava certe pre-