Pagina:Dopo il divorzio.djvu/220

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— Sei sveglio? — domandò piano piano il pescatore. — Che cosa vuoi?

Gli toccò il polso, avvicinandovi l’orecchio come per sentirne il battito. Subito dopo Giacobbe vide dall’altra sponda del letto il visino di sua sorella, avvolto in un fazzoletto bianco.

Allora accadde una cosa strana: il viso del malato si accorciò, la bocca si allargò, gli occhi si strinsero; e un gemito lungo sibilò nella camera. La piccola donna rivisse in un tempo lontano, quando su quel medesimo letto Giacobbe bambino piangeva; protese quindi le braccia, accarezzò il malato, parlò fra dolce e irritata:

— Siano benedette le sante anime del Purgatorio, che cosa hai, cosa ti senti, fratellino mio?

Isidoro, stupito, continuava a tastare il polso del malato, cercando ora una vena, ora l’altra, e diceva:

— Oh! Oh! Questa è curiosa!

— Ebbene, che hai? Vuoi dirmi che cosa hai? Che cosa ha avuto, dillo tu, Isidoro Pane?

— Ma niente... ma niente... Ha gridato, ecco tutto. Forse ha fatto un cattivo sogno. Ora gli diamo un po’ di acqua, ecco. Porta un po’ d’acqua. Ecco, ora bevi. Eh, come bevi! Avevi sete? Capisci, è la febbre, ecco tutto.

Bevuta l’acqua Giacobbe, che s’era seduto, si calmò completamente. Egli indossava una vecchia maglia di cotone bianco, che gli disegnava il corpo piccolo, ma robusto; il petto coperto di fitto pelo nero contrastava con la testa e la faccia perfettamente rase.