Pagina:Dopo il divorzio.djvu/80

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rotondi e immobili, e il mento così corto che due baffi biondi lo coprivano interamente.

— Ehi là, — gridò al condannato, — cosa sapete fare, voi?

C’era anche don Serafino, che volgeva al condannato il suo viso di scheletro; e il condannato, ricordando tutte le fandonie narrate al guardiano, rispose che sapeva fare le scarpe.

— Ehi là, — disse l’uomo grosso dagli occhi immobili, — voi avete ammazzato vostro zio.

Il suo accento non ammetteva repliche, e Costantino aprì le braccia come per dire:

— Ehi là, io ho ammazzato mio zio, se così piace alla Vossignoria.

L’ispezione andò via, e poco dopo don Serafino fece sapere a Costantino che in breve l’avrebbero tolto di cella, diminuendogli così di più d’un terzo la segregazione. Costantino pensò di dover questa grazia alla sua buona condotta, ma don Serafino gli confidò d’aver interceduto per lui presso persone potenti, dicendo loro che il condannato era di famiglia nobile, che aveva un piede scorticato e che sapeva far le scarpe.

Pochi giorni dopo Costantino fu messo in camerata e cominciò a lavorar da calzolaio assieme ad altri condannati. Inoltre in quegli stessi giorni potè mandare sue notizie a Giovanna, essendogli permesso di scrivere ogni tre mesi. Queste circostanze lo resero momentaneamente felice. E poi veniva la primavera ed i condannati, che avevano sofferto intensamente il freddo, prendevano un’aria allegra. Nella