Pagina:Doyle - Le avventure di Sherlock Holmes.djvu/162

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Un vecchio sembrava insospettito.

— E dov’eri tu stesso? chiese, posandogli una mano sulla spalla e guardandolo negli occhi.

— A lavorare nel mio tunnel, rispose il ragazzo fieramente, svincolandosi dalla stretta di quel vecchio.

Per varii giorni le guide più provette, gli uomini più robusti visitarono i crepacci del ghiacciaio fin quasi alla sua vetta, e le strade tortuose della vallata, ma indarno: nessuna traccia di Augusto nè vivo nè morto: l’unica notizia, che non fu commentata che più tardi, si fu quella d’un forestiero: quel giorno egli stava osservando dalla finestra dell’hôtel il magnifico panorama con un cannocchiale potente ed avea veduto due uomini — o giovinetti che fossero — insieme in alto dal lato nord est del ghiacciaio.

Passarono mesi ed anni e nulla si seppe più dello sventurato Augusto. Dei sospetti s’insinuarono, crebbero, si accumularono col tempo sopra Tiburzio, provocati anche dal suo contegno sempre più riservato, bisbetico, quantunque a venticinque anni egli fosse una guida stimata. Egli passò così con questo stigma sul suo capo, dalla adolescenza e la virilità, ad una vecchiaia prematura: non prese moglie ed economizzava soldo per soldo i suoi guadagni.



L’anno prima che io venissi al villaggio la luce si era fatta sull’accaduto di tanti anni primi, ed aveva menato gran rumore. Tiburzio era divenuto vecchio, non tanto per l’età quanto per le fatiche e gli strapazzi sofferti ed avea smesso il suo mestiere di guida; per passare il tempo era tornata all’occupazione della sua adolescenza, cioè la costruzione d’un passaggio ai piedi del ghiacciaio.

Un giorno, l’estate prima di quella ch’io venissi a Gründelwald, il vecchio Tiburzio stava mostrando