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Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/119

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Pensate!... L'avvenire di Nanna, di lei che non aveva avuto altro collocamento che il gradino della chiesa, altro pane che quello gettatole dai passanti.

Fu accordato. Le signore del comitato, compunte e dignitose, incominciarono le loro vìsite. Ma ebbero tosto una delusione. Nanna non aveva più bisogno d'essere redenta.

A ciò bastava, era bastata, quella grossa testa difforme coperta da una peluria bionda, quelle piccole scarne braccia che si agitavano, quell'essere fragile e brutto che miagolava in fondo al giaciglio.

Nanna non era più riconoscibile. L'istinto materno prima, la consuetudine colle buone suore, e il riposo poi, avevano fatto di lei anche materialmente un'altra persona, una donna quasi simile alle altre donne.

Rispondeva timidamente, umilmente; e la sua voce, sempre rauca, si era adattata ad inflessioni basse e monotone che ne moderavano la violenza; i suoi capelli erano ravviati, le mani e le vesti pulite.

Le signore del comitato interrogavano.

— Praticava?

— Sì, andava alla messa dell'alba ogni mattina.

— Si confessava?

— Tutte le settimane.

— E faceva quasi ogni giorno un fioretto per la salute della bambina, e partecipava alle novene per i malati gravi....- aggiungeva la Superiora. Ad occhi modestamente chini, ella gongolava.