Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/120

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Le signore del comitato però non lasciarono presa. Fallita la speranza della «redenzione di Nanna», per opera loro, restava tuttavia «l'avvenire di Nanna».

Che avrebbe fatto la poverina, con una bimba sulle braccia, spirato il termine dell'allattamento? (Ed era già molto che le fosse stato concesso di passarlo là dentro!) Che cosa possedeva? Nulla, se non una cadente capanna in riva al fiume. Poteva forse tornare a chiedere l'elemosina sulla porta della chiesa, d'inverno e d'estate, colla bambina? Poteva vagabondare di paese in paese, colla bambina?...

No. «Castelluzzo non avrebbe mai permesso una cosa simile».

Le signore se ne andavano impettite ripetendo questa frase con energia.

E non appena restava sola colla Superiora, Nanna le si gettava ai piedi, le abbracciava i ginocchi, baciava la croce che le pendeva al fianco, piangeva, supplicava:

— Madre, madre, dove mi manderanno?... Non mi toglieranno la bambina!...

La Superiora la calmava. Ella sapeva che la portinaia dell'Istituto dell'Infanzia derelitta era morta da un mese e non era stata ancora sostituita. Le signore del comitato proponevano intanto un posto di custode alla Casa di Ricovero per Nanna, ed uno all'Orfanotrofio per la bambina. Era la separazione. Seguì una scena violenta di lagrime e di convulsioni. La Superiora comprese che bisognava affrettarsi. La sua influenza era misteriosa e grande. In capo a pochi