Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/13

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2 la fortuna


Il dottore tracannò un terzo bicchiere di vino e si alzò.

Era l’ora in cui egli osava dir tutto al suo nobile cliente ed amico conte Ademaro Novelli-Casazzi; le cose più audaci, come le più strane, gli venivano spontanee sul labbro favorite dall’ombra, dalla consuetadine e dal vino; le verità più rudi che la mattina dopo avrebbe accuratamente celate sotto un cerimonioso sorriso.

Egli fece un giro intorno alla tavola, e si fermò, ritto a gambe larghe, davanti all’albero genealogico che occupava un’intera parete del salotto. Il suo naso grosso e rosso riluceva.

— Dopo tutto, — continuò, — è inutile farsi delle illusioni: non-sia-mo-più-ai-tem-pi-del-feu-da-le-si-mo. Quando un conte è incapricciato di una sua bella contadina, bisogna che se la sposi, o che fili, se non vuol correre il rischio d’esser bastonato. E dopo tutto, — ripetè accalorandosi e indirizzando la parola all’albero, quasi sperasse da quello una risposta che non veniva, — e dopo tutto, alcune gocce di sangue diverso, di buon sangue rosso e contadino, non farebbero bene nei tuoi rami ischeletriti? Qui da secoli non si vedono segnati che matrimoni fra parenti.... Ecco! Norberto Novelli-Casazzi con Ildegonda Novelli-Casazzi, Giovanni Novelli-Casazzi con Maddalena Novelli-Casazzi, Eufrasia Novelli-Casazzi.... e via via.... Sempre gli stessi nomi, sempre lo stesso sangue! Per questo la razza è indebolita, immiserita, le tare ereditarie accentuate, la fecondità diminuita, la