Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/153

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colla gran bocca e gli occhi sempre ridenti, ora coll'uno, ora coll'altro... E come andavano lenti, come parlavano sommessamente!

Poi veniva il gaio sciame delle operaie delle filande, degli operai della cartiera, stornellando, chiacchierando, ridendo, arrestandosi a scambiare sguardi, fiori, saluti.

Era primavera, era primavera!... Qualche cosa passava nell'aria, come un fremito, come un chiamarsi, come un volersi bene... Il fiume era così trasparente che rifletteva il cielo tutto a bianche pecorelle, e in fondo ad esso si scorgevano morbide foreste vellutate, e piccoli pesci guizzare; le siepi si facevano verdi; nelle ondate dell'aria si sentiva un fiato tiepido e odoroso.

Innocenza guardava. Un vagabondo cieco, tutto barba e cenci, con un grosso naso bitorzoluto si fermava ogni sera sotto alla sua finestra e cantava, accompagnandosi colla chitarra:


Quando gli augelli fan versi d'amore E l'aria fresca comincia a schiarire


La gente fa di fior le ghirlandette


Cominciano a gioire li amadori E fanno dolzi danze i sonadori.


E non si può d'amor proprio parlare A chi non prova i suoi dolzi savori; E senza prova non se 'n può stimare Più che lo cieco nato dei colori.