Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/16

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la fortuna 5


ogni inquinazione! Noi abbiamo difeso questa purezza come si può difendere la patria dallo straniero; voi non capite, non potete capire che cosa sia per noi! È terribile!...

E il conte Ademaro si alzò e si piantò egli pure sotto l’albero al posto lasciato libero dall’amico.

Per cinque lunghi minuti egli fissò, meditandoli, e quasi accarezzandoli collo sguardo, i nomi e i nomi che pullulavano lungo i rami, neri minuti come piccoli insetti. E i suoi occhi erano desolati ed umidi.

Infine fece un gran voltafaccia e mandò un profondo sospiro:

— Se è necessario, si farà.


Quel giorno stesso, quasi alla stessa ora, don Evaristo Percoto, arciprete di Collefiorito, si faceva annunciare alla contessa Clemenza Novelli-Casazzi.

Ella era sola, e lavorava a maglia presso alla finestra, colla testa molto bassa perchè era molto miope. Era tutta vestita di seta nera, e portava i guanti anche in casa, perchè aveva sempre freddo alle mani. Radi capelli grigi ben pettinati le incorniciavano il volto di un pallore anemico leggermente venato di rosa, gli occhi azzurrognoli e cisposi completavano la malinconia del suo aspetto, simile a quello di qualche vecchia immagine di santa, dimenticata sotto un velo di polvere in qualche vecchia chiesa, sbiadita dall’ombra e dal tempo.