Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/166

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della verità, che la povera Ninetta tacque per non farla soffrire di più, e si allontanò in fretta per non esser battuta.

Ma ormai il veleno del dubbio si era infiltrato nel cuore di Innocenza, ed il bene che Ninetta aveva voluto farle si era tramutato in una nuova tortura; la timida parola ammonitrice era diventata un mostro dalle cento teste, implacabile, feroce, che le divorava l'anima di continuo.

— Per.... per ridere?... No, non può esser vero!... Non deve esser vero!

E nuovamente ella si acconciava alla finestra tra i due vasi di garofani, livida e infarinata, colla monumentale pettinatura a rigonfi, con un enorme nastro color rubino intorno al collo: sembrava una di quelle grottesche figure di cera, spettrali e variopinte, che attirano i villani fuori delle baracche da fiera.

Ma nessuno, nessuno più tornava!...

Qualche carrettiere passava a lato del suo barroccio, senza alzare gli occhi, facendo schioccare la frusta; un merlo fischiettava con ironia:

— Per.... per.... per.... per ridere!

E allora ella nascondeva il volto fra le braccia e bagnava di lagrime il bel vestito a righe verdi, il nastro color rubino; oppure si gettava sul letto, si torceva come una furia, si mordeva le mani, si strappava i capelli, singhiozzava così forte che Nanna l'udiva dal pianterreno.

Una sera la madre non resse più, e faticosamente salì la scaletta di legno, si chinò sulla