Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/173

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bianche e verdi, si cambiò dalla testa ai piedi, si arricciò i capelli, si strofinò le guance e le labbra col cencio rosso, si cosparse il volto di cipria, si spruzzò d'acqua di rosa.

Nanna che lavorava a maglia presso alla finestra della cucina se la vide sguisciar dinnanzi così agghindata, cogli occhi luccicanti, una sciarpa sul braccio, una rosa sul petto. Non osò chiederle: — Dove vai? — (ormai ella tremava continuamente di fronte alla figlia) ma l'aspetto di lei, l'abbigliamento, tutto le disse che qualche cosa di grave e d'insolito avveniva, c questa certezza l'attenagliò d'inquietudine.

Un inesplicabile sentimento la spinse a seguirla, cauta nell'ombra nebbiosa che saliva dal fiume.

Aveva ricevuto due lettere quella sera.... Dove andava?... Forse....

Ah, se andava a un appuntamento, Nanna non l'avrebbe trattenuta!... No!... Purchè fosse felice, purchè fosse tranquilla, ella avrebbe accolto «anche un amante» per sua figlia come un salvatore, l'avrebbe ringraziato in ginocchio.... Il senso morale, il rispetto di sè, il pudore, così tardi ed incompletamente formatisi in lei durante gli anni di convento, quello strato incerto e malfermo che aveva come avvolto la sua oscura coscienza, e si era sovraposto ai tristi istinti, alle inconfessabili abitudini della vita randagia, crollava in frantumi: sommerso, dissolto, annientato in un baleno, davanti al pensiero di sua figlia, «alla necessità» che sua figlia fosse felice....