Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/186

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fiore e adornarne la tavola come sempre, ma le ripose senza servirsene, e, più gobbo del solito, trascinando molto le gambe, sedette fuori della porta di casa, al suo solito posto, ed aspettò.

Ogni sera, da cinquant'anni, egli sedeva colà, fra i rami di vite selvatica che serravano di selvaggia rete la vecchia casa.

Cinquant'anni prima — egli aveva allora quindici anni — la Signora delle «Torricelle», la Signora pallida che portava il lutto vedovile, lo aveva fatto chiamare, e gli aveva chiesto:

— Vorresti accompagnare a caccia i miei ragazzi? portar loro la civetta ei vischioni? badare che non vadano in pericoli?... Si tratta di restar con noi durante le vacanze, poi tornerai colla tua famiglia.

Battista aveva acconsentito, un po' per timidezza riverente al desiderio della Signora da cui i suoi tenevano in affitto il podere, ma molto più per l'ammirazione che gli ispiravano Valerio e Carlo, i due terribili padroncini, che nessun precettore riesciva a seguire, di cui tutto il paese raccontava le imprese.

Non erano essi saliti a passeggiare sulle mura sgretolate della rocca d'Asolo, fra un merlo e l'altro, col pericolo che una pietra smovendosi li facesse precipitare nel vuoto? Non usavano essi all'insaputa della madre cavalcare a dorso