Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/194

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Ogni giorno passava in quella stanza l' ora di libertà che gli restava; riordinava tutto ogni giorno come se da un momento all'altro essi dovessero tornare.

A furia di pensarci e di rifletterci aveva finito per confessare a sè stesso che i padroncini avevano fatto bene a nascondergli il progetto di fuga.

Avrebbe egli capito?...

Come, come, avrebbe potuto egli comprendere la sublime follia di quei fanciulli che dai giochi correvano alla morte, per amore di una terra più grande, e più lontana del loro paese natio? Egli, povero zotico, per cui l'idea della patria si arrestava al casolare dove era nato, e, più ancora, alla casa dei suoi padroni, al chiuso giardino che un muricciuolo irto di punte serrava?... Per lui.... c'era forse un «al di là»? Come capire? Che cosa sognare al di là?...

Servo egli era: servo; «e l'esserlo era per lui una gioia». Come intenderli?

Essi avevano avuto ragione; il suo affetto avrebbe potuto tradirli: per paura o per amore svelarli alla madre. Ed ella li avrebbe trattenuti. Li avrebbe trattenuti?... Chi sa?...

Più di una volta Battista scrutava quel volto pallido, quel dolore muto, coll'ansia di indovinare, di leggere al di là del silenzio tragico.

Ella soffriva; era ancora più pallida; passava le notti insonni; il male di cuore da cui era insidiata da tempo si era aggravato; eppure....

Non si sa, non si sa, se li avrebbe trattenuti, pur soffrendo come soffriva Era tale la sua