Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/196

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E il cugino del medico già perquisito e arrestato, ed altri ragazzi delle famiglie più sospette, venivano troppo spesso a cercarlo.

Giocavano. Sì, giocavano. Ma in quegli anni ogni anima di bambino nascondeva un soldato o un cospiratore.

Più di una volta Battista era tentato di gettarsi ai suoi ginocchi, e supplicarlo:

— Fausto, per amore di lei, per amore di lei, non fuggire! Le rimani tu solo. Guardala. Se tu la guardi bene, se tu la guardi.... non partirai.

E non aveva il coraggio di parlare, per paura di, determinare colle sue parole l' irreparabile, e lo seguiva cogli occhi ansiosi, e si trovava sempre sui suoi passi, e nella notte trasaliva al più lieve rumore, pronto a balzare, pronto ad ogni eccesso, purchè ella fosse risparmiata.

Ma non vi fu bisogno di nulla.

Una notte bussarono.

Silenzio.

Battista solo era desto e non si mosse. Il cuore gli si era fatto di gelo, i denti gli battevano. Ad occhi sbarrati, seduto in mezzo al letto, aspettava. Forse si era sbagliato, forse non era vero. Non erano essi.

Bussano ancora più forte. Non c' è più dubbio. Sono essi. I tedeschi. La perquisizione.

E Battista balza; a piedi nudi si affaccia all'uscio della stanza di Fausto, lo trova già sveglio, coi biondi capelli scompigliati; coll'indice sulle labbra egli accenna a Battista di tacere, tende l'orecchio.