Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/20

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la fortuna 9


ta girando e rigirando fra le mani il cappello col fiocchetto rosso.

— Che c’è? — chiese don Evaristo di cattivo umore.

— .... Come si fa col «giovine»?

— Ah! — replicò l’arciprete. — Non son mica corse promesse, che io mi sappia?

— No, no, don Evaristo, nessuna promessa, ma mi capisce.... Il «giovine» si era espresso.... sperava....

— Parlerò io col giovane. — tagliò corto don Evaristo. — Andate, andate con Dio, e state tranquilli. E. intendiamoci! — aggiunse. — Chiacchiere, meno che sia possibile!

I due vecchi si profusero in ringraziamenti e partirono.

La strada pareva loro lunga lunga e avevano fretta di essere a casa.

Due ore dopo, ecco piombare come un bolide il dottor Fabrizi.

— Dov’è la «contessa»? — tuonò egli trasudando allegria da tutti i pori, dopo essersi assicurato con una rapida occhiata che nessun «krumiro» potesse udirlo. — Dov’è la «contessa»?

Sulla soglia della cucina apparve Menica, la madre, cerimoniosa nella sua semplicità sorridente.

La «contessa» era là, in fondo al prato, colle braccia nude fino al gomito ed una gran scodella di becchime per i puleini. Una chioccia pettoruta regolava con grade dignità la distribuzione.