Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/21

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10 la fortuna


— Ma vi pare? — esclamò inorridito il dottor Fabrizi. — Ma vi pare che sia il caso di affidare ancora a Rosa certe faccende? Donna benedetta, dove avete il senso dell’opportunità? Vostra figlia sta per diventare contessa, fra quattro settimane salirà il trono....(si corresse in tempo, ma Santo Iddio! aveva talmente negli orecchi il racconto quotidiano del conte Ademaro: «....Una volta i Novelli-Casazzi tenevano corte e regnavano....») tra quattro settimane salirà come padrona le scale del palazzo più aristocratico del Friuli, avrà carrozze, cavalli, bei vestiti, ori; e voi seguitate a farle pascere le oche!... Donna benedetta, non capite che in queste quattro settimane bisognerà piuttosto che Rosa cerchi di elevarsi, di educarsi, di ingentilirsi, che so io?... di fare insomma dimenticare un poco che è una contadina? Mi capite? Oppure volete che il contino Folco si vergogni di lei?

— Sissignore....

— Come, sissignore? Sissignore che cosa?

— Eh.... dicevo: sissignore, ho capito.... Io non sapevo.... Mi regolerò secondo le sue idee....

— Donna benedetta, ci vuol tatto, tatto e tatto! In queste quattro settimane arrischiate di guastar tutto, se non mi ascoltate! E per colpa vostra Rosa perderà la sua fortuna....

— Madonna mia, per carità!

— Dunque ricordatevi: non più dar da mangiare ai polli, nè ai bovi, nè attinger acque alla fontana, nè lavare al torrente. E così pure certe dimestichezze colle ragazze del pae-