Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/235

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Poi erano sbarcati tutti e tre, soli passeggeri in quella grigia giornata di settembre, presso il castello di Berg.

Un barbuto colossale custode era accorso ad aprire e li aveva guidati lungo le stanze non tocche dopo la morte del re: nella camera da letto tappezzata di pallide stoffe, nelle sale, nello studio, in quei chiari piccoli salotti delle torri d'angolo che le onde del lago, appena appena recinto da molli siepi di rose, sembrano lambire con tacito invito.

Qua e là ritratti di Luigi: uno ve n'era che lo raffigurava giovinetto, che sbarcava da una nave sulla cui prora stava scritto a caratteri d'oro: «Tristano». Ed era bello, con grandi occhi sognanti, e teneva in mano una rosa.

— «Oh! qu'il est beau, ce roi!» — aveva esclamato ad alta voce Valeria. — «Quel dommage qu'il soit mort!... Je suis amoureuse de lui!...»

Mademoiselle aveva sgranato due rotondi occhi esterrefatti, e Fausto non aveva potuto trattenere una franca risata.

Anche Valeria aveva riso, e così avevano incominciato a chiacchierare.

Ella gli aveva raccontato che detestava la lingua tedesca, che non capiva la musica di Wagner, ma che tuttavia quella musica le dava una impressione profonda.... come dire?... solenne, religiosa.... Presto sarebbero passate a Bayreuth, se la mamma migliorava. La mamma era sempre stanca.... malata....

....Il giorno dopo, egli l'aveva rivista al Prinz Regenten Theater, vestita d'azzurro, con