Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/262

Da Wikisource.

uno li guardava fissamente attraverso al nitido cristallo. Essi caracollavano chiusi in scintillanti armature; la manina di Biancofiore ricadeva languidamente lungo il verde manto stellato d'argento, un velo di malinconia scendeva sul volto della principessa.

....Non poter amare.... non poter amare!... Non trovar mai l'uomo degno del suo amore!... Il più bello, il più valoroso, il più intelligente..., dov'era? Perchè non veniva?...

Altri principi arrivavano intanto alle porte del castello; altre feste ancora più splendide erano indette, e la principessa vi prendeva parte, sorrideva graziosamente, osservava i convenuti colla sua lente gemmata, ma il suo volto si faceva sempre più malinconico. Finalmente, un bel giorno, la Fata l'interrogò.

— Dunque, Biancofiore, hai scelto? hai deciso?... Nessuno di quelli che sono partiti, nessuno di quelli che sono arrivati, ti ha toccato il cuore? Neppure uno dei tre ultimi che spasimano d'amore per te?... Non trovi bello il giovinetto venuto dall'Assiria, il re adolescente dai lunghi occhi a mandorla, dai capelli inanellati, dalla barba prolissa, dal profilo di cammeo, sospiro di tutte le fanciulle di Babilonia?... Non ammiri la forza e il valore del principe Oláf, il guerriero dalle cento battaglie, l'eroe, la cui spada fa indietreggiare venti nemici?... Non apprezzi Alfeo, il greco, il re poeta, che così dolcemente improvvisa soavi carmi, che recita con tanta grazia le canzoni degli antichi rapsodi?...