Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/280

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uomo deve obbedire a tutti i capricci della sua donna se vuol essere amato da lei. (Ella non lo pensava, ma voleva ad ogni costo punzecchiare Elmìr, contraddirlo, indurlo a discutere, farlo arrabbiare). Ma Elmìr non si arrabbiò.

— Bambina! — diss'egli affettuosamente. — Tu non sai nulla.

Biancofiore diventò di fiamma, e sferzò l'aria più volte rabbiosamente col frustino.

— Bambina! bambina! — esclamò infine con impeto. — Tu mi chiami sempre bambina!... Io ne so quanto te. Io ho soltanto cinque anni meno di te. Io sono una donna. Sei tu che... — Stava per dire: — Sei tu che non te ne accorgi!... — ma si morse le labbra e ricadde in un imbronciato silenzio. Cavalcavano per una grande verde prateria, lungo un fiume immenso che pareva d'argento.

— ....Non credi che un po' alla volta avrei potuto indurlo a mettersene meno? — uscì a dire Biancofiore dopo un interminabile silenzio.

— Di chi parli?

— Oh bella, del re d'Assiria! delle sue papillotes!... Non credi che sposandolo.... potrei ottenere un po' per volta.... colla dolcezza.... che rinunciasse.... almeno a quelle della barba?...

— Credo di sì....colla dolcezza....- annuì Elmir. E a un tratto si guardarono in viso e scoppiarono tutti e due a ridere come due ragazzi, rappacificati e felici, come se le burrasche dei giorni scorsi fossero state cancellate da quella fresca risata.