Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/279

Da Wikisource.

L'amore di un uomo così, deve rendere orgogliosa una donna!

Non una parola usciva dalle labbra di Elmìr, nè un sorriso ironico balenava nei suoi occhi. Eppure egli sapeva la triste debolezza di Oláf...

— Non è neanche geloso! — fremeva la giovinetta. — Neanche geloso!... Che uomo è mai costui? Di che gelido marmo è fatto?... E che donna sono io, per non riescire in nessun modo ad interessarlo a me, nè colla dolcezza, nè colla severità? Del resto — diss'ella un giorno — ho fatto male ad impressionarmi così della complicata toilette del re d'Assiria. Ah, egli era molto bello!... Che occhi! che capelli! che denti!... E siccome ogni bellezza ha diritto ad una religione, egli in fondo non ha torto se consacra tante cure ai suoi capelli, alla sua barba. Che ne dici, Elmìr?... Tu, per esempio, sei sempre spettinato: se ti mettessi per qualche ora le papillotes come lui, saresti molto più bello.

Elmìr scoppiò in una risata.

— Che cosa c'è da ridere? — disse in tono di sorpresa Biancofiore. — Tu, non lo faresti?... E perchè?... Neppure se una donna che ti amasse molto (e la fanciulla calcò su quel molto) te ne supplicasse?...

— Non credo che una donna che mi amasse molto potrebbe desiderare che io diventassi un imbecille, — rispose Elmìr.

— Se tu lo facessi per amore, non saresti più un imbecille! — ribattè la fanciulla. — Che razza di concetto hai tu dell'amore?... Un