Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/283

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in agguato. Elmìr si slanciò verso quegli occhi e i suoi uomini dietro a lui in falange serrata.

— Indietro tutti! — gridò Elmìr accoccando la freccia all'arco. — Lasciatemi solo! Raggiungete la principessa! Alla vostra guardia, se io muoio!

Il vento portò lontano le parole rotte e imperiose.

Gli uomini obbedirono all'istante; arrestarono a fatica i cavalli, tesero l'orecchio verso il lontano disordinato galoppo del cavallo di Biancofiore, poi si diressero tutti insieme a quella volta. Dopo una corsa sfrenata attraverso all'intricato labirinto dei sentieri e dei rami, la raggiunsero e l'accerchiarono. Ella era bianca come una morta, coi biondi capelli che le sfuggivano dall'elmetto d'argento; i suoi occhi più grandi e più azzurri nel viso pallido cercarono angosciosamente fra gli nomini che la circondavano la figura svelta di Elmìr.

Seguì un attimo di silenzio.... Infine, intuendo rapidamente quello che era avvenuto, la fanciulla lasciò sfuggire le redini e con un gemito cadde riversa sul dorso del cavallo e scivolò come corpo morto a terra.

Quando più tardi, ella finalmente rinvenne, e si guardò intorno, si trovò in una verde radura tranquilla, sotto un grande albero fronzuto. Elmìr era inginocchiato al suo fianco e teneva il polso di lei nella sua mano, la nutrice le bagnava la fronte con acqua di sorgente. Il cuore della fanciulla balzò, e gli occhi