Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/299

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Penosamente, egli fece ancora cenno di diniego, e cercò di respingere la fanciulla.

— Ma perchè dunque? Perchè?

Con voce appena intelligibile egli sussurrò: — La Fata.... la lente....

Biancofiore arrossì con violenza al richiamo, e con impeto selvaggio strappò dalla cintura la lunga catena che reggeva la lente e la spezzò. Poi cogli occhi scintillanti d'amore e d'audacia scagliò la lente nel mare.

Elmìr era nuovamente svenuto. Una barca colle vele bianche solcava le onde e si avvicinava alla riva.

Biancofiore agitò il mantello, e chiamò con disperata voce:

— Soccorso!...

La moltitudine attendeva dall'alba sulle mura della città cogli occhi intenti verso la sconfinata distesa azzurra del mare. Di là la principessa doveva ritornare. Un anno e un giorno era passato, ed ella non era ancora ricomparsa. Come mai mancava al suo patto? Come mai?...

I gonfalonieri, i banditori, le damigelle, gli scudieri, usciti sugli spalti ad aspettare, si ripetevano l'un l'altro lo stesso angoscioso dubbio. I più impazienti si rivolgevano alla Fata che era ella pure venuta ad attendere sulla grande terrazza quasi lambita dalle onde, e dissimulava a mala pena la sua inquietudine.