Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/59

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stravizi, costringetelo a pensare alla necessità di darvi un erede che abbia delle probabilità di resistere... Chissà! Dopo sette, vedete, quando già disperavate, il contino Folco è venuto a consolarvi....

Il conte Ademaro ruppe in una risata stridula.

— Voi sapete — diss'egli amaramente — che consolazioni mi ha date. Ma per il nome....

Rosa non ascoltava più. Barcollando, attaccandosi ai mobili per non cadere, ella si allontanava lungo i muri, come una bestia ferita.

Raggiunse le scale, la sala, la stanza da bagno, al di là della quale il figlio giaceva. E nella penombra una lunga figura le sbarrò il cammino, a braccia tese per non lasciarla passare: Folco. Folco che sorrideva del suo solito riso scoprente i denti radi e rovinati. Ella si fece da parte, e passò, senza guardarlo.

Sedette presso alla culla, chiuse e premette la testa nelle palme. Batteva i denti e un brivido le correva per la schiena.

Egli strisciò dietro a lei, e le fece il solletico sulla nuca reclinata, fra i riccioli.

Rosa balzò in piedi.

Livida, con gli occhi dilatati, sibilò più che non dicesse: «Va via».

Egli non si scostò, e si mise a ridere più forte, vezzeggiando, facendole piccole carezze come si fa per calmare i bambini. Un resto dell'ebbrezza notturna brillava ancora nei suoi occhi.

Ella ripetè: «Va via» e la sua voce era bassa e tagliente.