Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/64

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sotto a quella maschera vedeva l'indifferenza, la noia, la fretta di finire la tragedia, di ricominciare la vita gaia. Egli tornava, il bimbo non c'era più. Ella avrebbe dovuto passare la notte con lui. L'avrebbe ripresa. Oh, lo conosceva!... Non avrebbe rispettato neppure quella notte di morte. Egli non vedeva in lei che la femmina, non l'aveva sposata che per averla, perchè non poteva averla in altro modo. Non gliel'aveva detto? Non gliel'aveva detto in quella sera terribile in cui ella era svenuta ai piedi della culla?... Non le aveva detto che sposandola egli intendeva di poter disporne a suo piacimento?... Egli per il suo brutale desiderio, essi per esser certi di continuare la discendenza, perchè procreasse dei figli, molti figli, come una giumenta da razza! Ed ella si era piegata a tutto, a tutto; aveva abolito la sua volontà, si era piegata piegata piegata fin quasi a spezzarsi, aveva cambiato nome, volto, linguaggio, aveva rinnegato padre, madre, fratelli.... Per loro? No! Per il suo bambino, per una creatura sua, per lui che doveva compensarla di tutto, ridarle in tanto amore le sue sofferenze. Ma ora!... Ora che sapeva che i suoi figli erano condannati, che l'uno dopo l'altro sarebbero morti sotto i suoi occhi, fra le sue braccia impotenti a difenderli, che uno ad uno avrebbero portato nelle vene un germe di miseria e di morte.... Ora!... Ah no!...

Girò lo sguardo smarrito intorno alla camera. Un'ansia di nascondersi, di annientarsi, di dissolversi la prese. Dove? Come?