Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/113

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accostate cotesta tavola, mentre che io sorreggo il braccio di vostro padre.

Rosa accostò la tavola, su cui Cornelio stese il braccio rotto, e con una perfetta abilità, raggiustò la frattura, adattovvi l’incannucciatura e strinse le fasce.

All’ultima stretta il carceriere si svenne per la seconda volta.

— Andate a cercare dell’aceto, mia cara giovine, disse Cornelio; gli bagneremo le tempie e riavrassi.

Ma invece di adempire la prescrizione, che erale stata data, Rosa dopo essersi assicurata che suo padre era fuori dei sensi, si avanzò verso Cornelio:

— Signore, diss’ella, piacere per piacere.

— Cioè? mia bella fanciulla? domandò Cornelio.

— Cioè, signore, che il cancelliere che vi deve interrogare dimani è venuto oggi ad informarsi della stanza che occupate; e che essendogli stato risposto che occupate la carcere di Cornelio de Witt, egli ha sogghignato sinistramente; il che mi fa credere che nulla di buono vi attenda.

— Ma, domandò Cornelio, che cosa mi possono fare?

— Vedete di qui quelle forche?

— Ma non sono colpevole, soggiunse Cornelio.

— Eranlo pure quelli laggiù, appiccati, mutilati, sbranati?

— Gli è vero, disse Cornelio attristandosi.

— D’altronde, continuò Rosa, l’opinione pubblica vuole che voi siate colpevole. Ma colpevole o non colpevole, il vostro processo comincerà dimani e posdimani sarete condannato: le cose vanno presto ai tempi che corrono.