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imperciocchè le vostre lacrime mi commovono assai più della mia morte vicina. E, voi il sapete, più il prigioniero gli è innocente, più deve incontrare la morte con calma e ancora con gioia, dappoichè egli muore martire. Via, non piangete più e ditemi il vostro desiderio, mia bella Rosa.

La giovinetta si lasciò cadere in ginocchio:

— Perdonate a mio padre, diss’ella.

— A vostro padre? ammirò Cornelio.

— Sì, gli è stato così duro per voi! ma gli è così per natura, gli è così con tutti, e non siete solamente voi che ha così brutalmente trattato.

— È punito, cara Rosa, più che punito pel caso accadutogli, e gli perdono.

— Grazie! disse Rosa. E adesso, ditemi, poss’io invece qualcosa per voi?

— Potete asciugare i vostri begli occhi, cara fanciulla, rispose Cornelio col suo dolce sorriso.

— Ma per voi... per voi...

— Chi non ha da vivere che un’ora, è un gran sibarita, se gli ha bisogno di qualche cosa, mia cara Rosa.

— Il ministro che vi era stato offerto?...

— Ho adorato Dio per tutta la mia vita, o Rosa. Io l’ho adorato nelle sue opere, benedetto nella sua volontà. Dio non può aver nulla contro di me; io non chiederovvi dunque un ministro. L’ultimo pensiero che mi occupa, o Rosa, è tutto volto a glorificare Iddio. Aiutatemi, mia cara, ve ne prego, nel compimento di quest’ultimo pensiero.

— Ah! signor Cornelio, parlate, parlate! esclamò la giovine inondata di lacrime.

Il Tulip. Nero 10