Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/200

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— Eh! mio Dio! esclamò Cornelio, perchè mai non potrete dimani?

— Signor Cornelio, ho mille cose a fare.

— Mentre che io non ho che una, mormorò Cornelio.

— Già, rispose Rosa; amare il vostro tulipano.

— Voi, o Rosa.

Rosa scosse la testa: e si rifece silenzio.

— Finalmente, continuò Cornelio, rompendo il silenzio, tutto si cangia nella natura; ai fiori di primavera succedono altri fiori, e vedonsi le api che carezzano teneramente le mammolette e le garofanate, posarsi col medesimo amore sul caprifoglio, le rose, i gelsomini, i crisantemi e il giranio.

— Che vuol dir ciò? dimandò Rosa.

— Ciò vuol dire, mia signorina, che voi avete dapprima amato sentire il racconto delle mie gioie e delle mie angoscie; avete carezzato il fiore della nostra reciproca giovinezza: ma la mia si è appassita all’ombra. Il giardino delle speranze e dei piaceri di un prigioniero non ha che una stagione; che non è come i bei giardini all’aria aperta ed al sole. Una volta la messe fatta, una volta la preda presa, le api come voi, o Rosa, le api dal corpo delicato, dai pennoncelli d’oro, dalle ali trasparenti, attraversano i cancellati, fuggono il freddo, la solitudine e la tristezza per andare a trovare altrove i profumi e le tepide esalazioni.... la contentezza, infine!

Rosa guardava Cornelio con un sorriso, che egli non vedeva; perchè avea gli occhi verso il cielo.

Egli continuò con un sospiro.

— Mi avete abbandonato, o Rosa, per avere le