Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/213

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Rosa avvicinò la sua guancia non per caso, ma volontariamente; le avide labbra del giovine vi si affissero.

— Madonna! esclamò Rosa, ve lo porterò, se volete.

— Ah! no, no! Appenachè sarà aperto, guardatelo bene all’ombra; e sull’istante, vedete, sull’istante spedite a Harlem a prevenire il presidente della società di orticultura, che il gran tulipano nero è fiorito. Lo so bene, Harlem è lontano, ma coi quattrini troverete un espresso. Ne avete o Rosa?

Rosa sorrise, rispondendo:

— Oh! sì!

— Un buon pochi? dimandò Cornelio.

— Trecento fiorini.

— Oh! se avete trecento fiorini, non un espresso, ma voi stessa dovete andare a Harlem.

— Ma in questo tempo il fiore?.....

— Lo porterete con voi. Capite bene che non bisogna che ve ne separiate neppure per un minuto.

— Ma non separandomi punto da lui, mi separo però da voi, signor Cornelio, disse Rosa attristata.

— È vero, mia dolce, mia cara Rosa. Mio Dio! gli uomini sono cattivi! Che ho loro io fatto? e perchè mi hanno tolto la libertà? Avete ragione, o Rosa, non potrei vivere senza di voi. Ebbene ecco spedirete qualcuno ad Harlem; e in fede mia, il miracolo è tanto grande da far muovere lo stesso presidente, che verrà in persona a Loevestein a cercare del tulipano.

Poi arrestandosi a un tratto e con voce tremante:

— Rosa! mormorò, Rosa! e se non fosse poi nero?

— Madonna? lo saprete dimani o posdimani a sera.