Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/214

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— Aspettare fino alla sera per saperlo, o Rosa!... Morirò d’impazienza. Non potremmo combinare un segnale?

— Farò di meglio.

— Che farete?

— Se si apre di notte, verrò, oh! si verrò a dirvelo da me; e se di giorno, verrò all’uscio, e striscerò un biglietto o di sotto alla porta o per la graticola tra la prima e la seconda ispezione di mio padre.

— Oh! Rosa, che mi dite mai! Ciò sarà per me una doppia contentezza.

— Ecco le dieci, bisogna che io vi lasci.

— Sì, sì, disse Cornelio, andate, Rosa, andate!

Rosa si ritirò quasi che trista, Cornelio l’avea quasi mandata via.

Era, è vero, per vegliate sul tulipano nero.


VI


Scorse la notte ben dolce, ma nel tempo stesso bene agitata per Cornelio. A ogni minuto sembravagli che la soave voce di Rosa lo chiamasse; svegliavansi in sussulto, andava alla porta, avvicinava il viso alla graticola; ma la graticola era solitaria, il corridoio deserto.

Senza dubbio Rosa dal canto suo vegliava pure; ma più felice di lui, vegliava sul tulipano. Avea là sotto gli occhi il nobile fiore, meraviglia delle meraviglie, non solo ancora sconosciuta, ma creduta anco impossibile.

Che dirà il mondo quando saprà che il tulipano