Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/223

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niero, l’invidia se non avesseli fatti scuoprire a Boxtel, avvebbeglieli fatti almeno indovinare.

L’abbiamo visto più fortunato sotto il nome di Giacobbe che d’Isacco fare amicizia con Grifo, la cui conoscenza e ospitalità innaffiò per alcuni mesi col miglior ginepro, che fosse stato mai fabbricato da Texel ad Anversa.

Ne addormentò le diffidenze; perchè abbiamo visto che il vecchio Grifo era diffidente; ne addormentò le diffidenze, diciamolo, lusingandolo di un connubio con Rosa.

Carezzò inoltre i di lui istinti sbirreschi, dopo aver piaggiato il di lui orgoglio paterno. Ne carezzò gl’istinti sbirreschi, dipingendogli coi più scuri colori il sapiente prigioniero che Grifo teneva sotto i suoi chiavistelli, e che al dire dello sciocco Giacobbe, aveva fatto un patto con Satanasso per nuocere a Sua Altezza il principe d’Orange.

Era dapprima così ben riuscito con Rosa non già con ispirarle simpatìa, — Rosa aveva sempre pochissimo amato il mynheer Giacobbe, — ma parlandole di matrimonio e d’amorosa follia, aveva sulle prime ammorzato ogni sospetto che ella avesse potuto concepire.

Abbiamo visto come la sua imprudenza a seguitare Rosa nel giardino l’avesse denunziato agli occhi della giovinetta, e come l’istintivi timori di Cornelio avessero messo ambo i giovani in guardia contro costui.

Ciò che aveva di più inquietato il prigioniero, — il nostro lettore deve ricordarsene, — fu la collera grande, in cui montò Giacobbe contro Grifo a proposito del tallo calpestato.