Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/253

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— In camera vostra? E dov’è la vostra camera?

— A Loevestein?

— Siete di Loevestein?

— Sono la figliuola del carceriere della fortezza.

Il principe fece un piccolo movimento che voleva dire:

— Ah! è lei, ora me ne ricordo.

E figurando di leggere, traguardava Rosa anco con più attenzione di prima.

— E voi amate i fiori? continuò Van Herysen.

— Sì, signore.

— Allora voi siete una fioraia sapiente?

Rosa esitò un istante; poi con accento tirato dal più profondo del cuore, ella disse;

— Signori, parlo ad uomini di onore?

L’accento era così vero, che Van Herysen e il principe risposero ambo ad una volta con un movimento di testa affermativo.

— Ebbene, no, non sono io una fioraia sapiente! Io non sono che una povera ragazza del popolo, una povera paesana di Frisia, che non son che tre mesi che non sapeva nè leggere nè scrivere. No, il tulipano nero non è stato ritrovato da me.

— E da chi gli è stato trovato?

— Da un povero prigioniero di Loevestein.

— Da un prigioniero di Loevestein? ripetè il principe.

Al suono di quella voce, Rosa alla sua volta trasalì.

— E allora da un prigioniero di Stato, continuò il principe, perchè al Loevestein non sonvi che prigionieri di Stato.

E si rimise a leggere, o almeno fece le viste.