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perchè sono tanto accorto | 41 |
di ciò che gli è utile, sono più o meno ristretti. Nel caso mio, qualunque genere di lettura è una ricreazione: è, dunque, una cosa che mi allontana da me stesso, che mi lascia aggirare fra scienze ed anime strane, — qualcosa ch’io non prendo più sul serio. La lettura mi solleva appunto dalla mia serietà. Nelle epoche in cui lavoro molto non si vedono libri intorno a me: mi guarderei bene dal permettere ad alcuno di parlare o di pensare in mia presenza. E leggere, vorrebbe dire proprio questo....
S’è osservato che in quella profonda tensione a cui l’incubazione d’un pensiero condanna lo spirito e, in fondo, tutto l’organismo, il caso o qualunque eccitamento venga dall’esterno agisce troppo violentemente, colpisce troppo profondamente? Bisogna sottrarsi, per quanto è possibile, al caso, agli stimoli che vengono dall’esterno; una specie di auto-muramento è uno dei primi precetti della prudenza istintiva in ogni gravidanza intellettuale. Potrò permettere che un pensiero estraneo scavalchi di nascosto il muro? — E leggere, vorrebbe dire proprio questo....
Alle epoche di lavoro e di produttività seguono quelle di riposo: e allora, avanti voi, libri piacevoli, libri spiritosi, libri evitati! — Saranno libri tedeschi?....
Devo risalire a sei mesi addietro per vedermi con un libro in mano. Che libro era? Uno splendido studio di Victor Brochard: «Les sceptiques grecs», in cui è stato utilizzato anche il mio studio laerziano. Gli scettici! l’unico tipo onorevole fra il popolo dei filosofi dai secondi e fino dai quinti sensi!.... Del resto, ricorro quasi sempre agli stessi libri, pochi, in fondo; quei libri che considero come dimostrati. Leggere molto e cose molto varie non sta forse nella mia natura: una sala di lettura mi rende malato. Non sta neppure nella mia natura amare molto e molte cose. Sono più vicine ai miei istinti diffidenza e ostilità contro i libri nuovi che «tolleranza», «largeur du cœur» e ogni altra forma di «amor del prossimo».
È sempre ad un piccolo numero di vecchi autori francesi ch’io