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Pagina:Ecce Homo (1922).djvu/35

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40 ecce homo


Se di tutta la mia fanciullezza e della gioventù io non ho neppure un dolce ricordo, sarebbe da sciocco il cercarne qualche ragione d’indole «morale», per esempio l’indiscutibile mancanza di compagnia adatta per me: perchè questa mancanza esiste oggi come è sempre esistita, senza però impedirmi d’essere allegro e forte. No, l’ignoranza in materia di fisiologia, il maledetto «idealismo» è la vera fatalità della mia vita, ciò che v’è in essa di superfluo e di stupido, da cui non è sorto nulla di buono, nulla che valga a ripagarla o a compensarla. Come conseguenze di questo «idealismo» io mi spiego tutti gli errori, tutte le grandi aberrazioni dell’istinto e le «modestie» che mi hanno trascinato lungi dal còmpito prefisso alla mia vita: per esempio, l’esser diventato filologo; o perchè non piuttosto medico, o qualche altra cosa che avrebbe servito ad aprirmi un po’ gli occhi? Durante il mio soggiorno a Basilea tutto il mio regime di vita spirituale, fino alla divisione delle mie giornate, era uno spreco assolutamente insensato di forze eccezionali, senza un acquisto di nuove energie che servissero in qualche modo a rimpiazzare quelle spese, senza la minima cura del consumo e del compenso. Era la mancanza di ogni personalità, di ogni tutela dell’istinto dominatore, era un mettersi alla pari col primo capitato, un «disinteresse» un dimenticare le distanze, qualcosa, in somma, che non mi posso perdonare. Quando fui quasi alla fine, appunto perchè ero quasi alla fine, cominciai a riflettere sulla irragionevolezza fondamentale della mia vita, «l’idealismo». Soltanto la malattia mi ricondusse alla ragione.


3.


Scelta del nutrimento; scelta del clima e del luogo; la terza scelta in cui bisogna guardarsi assolutamente dal commettere errore è quella del genere di riposo adatto. Anche qui, a seconda del grado d’uno spirito sui generis, i confini di ciò che gli è permesso, cioè