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Pagina:Ecce Homo (1922).djvu/59

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64 ecce homo



5.


Che dai miei scritti parli un psicologo che non ha uguali, è forse la prima convinzione cui giunge un buon lettore, un lettore che, come io mi merito, mi legga come i buoni vecchi filologi si leggevano il loro Orazio. Le affermazioni su cui tutti sono d’accordo — per non parlare dei filosofi di tutto il cosmo, dei moralisti, e di altre teste vuote, teste di rapa — risultano dalle mie opere errori prodotti dall’ingenuità: per esempio, la credenza che «altruista» ed «egoista» sieno termini antitetici, mentre l’ego stesso non è che un «supremo inganno», un «ideale». Non ci sono nè azioni egoistiche nè azioni altruistiche: tutti e due i concetti sono, psicologicamente, un controsenso. O la frase «l’uomo tende alla felicità», o la frase «la felicità è il premio della virtù», o la frase «piacere e pena sono in antitesi......». La Circe dell’umanità, la morale ha falsato fondamentalmente tutta la psicologia — l’ha demoralizzata — fino ad arrivare all’orribile non-senso che l’amore debba essere qualche cosa di «non egoistico...». Bisogna essere ben sicuri di sè, ben saldi in gamba, altrimenti non si può assolutamente amare. Le donne lo sanno fin troppo bene: esse non sanno che farsene di uomini disinteressati, di uomini puramente oggettivi.....

E qui, posso osar d’affermare che io conosco le donnine? Ciò fa parte della mia dote dionisiaca. Chi sa? io sono forse il primo psicologo dell’eterno femminino. Mi amano tutte, è una vecchia storia; meno quelle disgraziate, le «emancipate», alle quali manca la stoffa per mettere al mondo figliuoli. Fortunatamente, non penso affatto di lasciarmi sbranare: la donna perfetta sbrana quando ama. Conosco queste amabili Menadi..... Ah! che piccoli animali rapaci,