Pagina:Economisti del Cinque e Seicento, Laterza, 1913.djvu/22

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Sará ben necessario che per ciò siano fatti nuovi campioni, che stiano presso il publico ed anco presso i privati, accioché ciascuno possa minutamente vedere il fatto suo; come si dice nel capitolo xlvi, nella terza parte ch’appartiene al publico.

Non resterò anco di avvertire che sarebbe bene porre ordine nell’arte degli orefici; cioè che sopra i loro lavori, come vasi, bacini, piatti ed altre simili opere di oro o d’argento, nelle quali però non obsti la picciolezza, fossero segnate le loro finezze, nette da saldature, col nome o marchio del maestro ch’avesse fatto tali opere e col nome o segno della cittá ove fossero state lavorate, accioché si potesse per sempre conoscere il giusto fino che in esse fosse e non si avesse poi causa di farne altri saggi per chi non le volesse guastare per allora, ed anco accioché ciascuno le potesse poi sicuramente contrattare.


CAPITOLO VIII

Si mostra qual peso si dovrá usare in tutti i luoghi per l’oro e l’argento.

E perché ritrovo che il peso della libra, usato e osservato nella zeca di Bologna è conforme alli giusti partimenti ch’io descrivo, per esserne stata fatta piú volte prova da me nel conteggiare sopra il fatto delle monete, e per essere il piú accosto alli prezzi e valori dati ed usati all’oro ed all’argento in questi tempi, e conseguentemente alli valori nel capitolo v giá detti; e perché, nel fare l’universal tassa delle monete giá fatte in molte cittá e Provincie da un certo tempo in qua, la maggior parte di quelle (detratte e levate però le fatture delli zechieri) si troveranno restare nelli loro reali dati valori, per causa del fino che in esse si trova essere, diminuita solamente la rata dell’accresciuto valore nelle monete per cavare le mercedi delle loro fatture; come per essempio presuppongo che il quarto, figurato capitolo xxxiv, nel levarlo dalla zeca sia stato valutato sotto a il detto peso soldi 34 d’imperiali, compresa però la fattura