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Pagina:Economisti del Cinque e Seicento, Laterza, 1913.djvu/367

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CAPITOLO XVII 357

servirsene di nuovo a mescolar con le picciole, per passarle davanti al magistrato. Mi perdonino i zecchieri onorati, de’ quali non parlo; ma narro ciò che piú volte è stato da’ cattivi praticato. Dalla qual poco onesta industria nasce il vedersi poi ripiena la piazza di monete scarse, che non hanno il valore decretato, e danno perciò tanto maggiore occasione a’ falsari d’ introdurne di false.

CAPITOLO XVII

Per qual cagione le monete in tutti gli Stati si vedono crescere e mai calare di valuta.

Se il corso delle monete fosse come quello de’ fiumi o de’ torrenti, non sarebbe maraviglia se, nonostante tutti i ripari o gli argini che gli si facessero incontro, elleno volessero tendere alla sua via. Ma si vede, da qualche esempio di sessanta e di ottanta anni, ch’elleno potessero esser ritenute da questo corso ed impedite di crescere, come sono state impedite in Toscana e nello Stato ecclesiastico quasi dal lóoo in qua, e dal 1674 in qua da’ genovesi, che sperano, non serua ragione, di mantenerle lunghissimo tempo, attese le ottime regole che v’hanno apposto e l’attenzione con che le fanno osservare. Anzi quella stessa forza che le ritiene, eh’ è l’autoritá de’ principi, alcuna volta le ha pure rispinte addietro qualche passo, come hanno fatto, giá tempo, in Venezia il zecchino, che fu dalle 20 abusive restituito nel 1665 alle 16 lire. E nondimeno si legge e si osserva che in tutti i tempi e in tutti gli Stati sono sempre cresciute, e, quando hanno fatto un passo indietro, non hanno molto tardato a scorrere di nuovo avanti.

Sinché durò in Roma quell’antica tanto lodata ed odiata frugalitá, con la quale, contenti di ciò che rendeva loro la terra e la greggia, non cercavano merci straniere; ed i consoli e decurioni s’andavano a staccar dall’aratro, per collocarli con