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elementi di economia pubblica. 359

maggior massa di alimenti e di produzioni primarie destinate alla consumazione; queste, o per dir meglio l’equivalente restituir si deve dal manifattore alla medesima, dopo che egli collo spaccio della manifattura n’avrà attratto a sè una porzione considerabile. Supponiamo dunque una nazione molto scarsa delle manifatture più usuali e provveduta delle più fine, e fingiamo che tanto guadagni uno di questi manifattori, quanto molti dei primi. In tal caso il manifattore più fino non restituirà che in proporzione delle sue spese. Ma le spese di un solo che viva comodamente sono sempre minori di quelle di molti presi tutti insieme, ancorchè ciascheduno spenda un poco meno in proporzione della vicinanza dell’uno alla classe degli altri. Dunque la restituzione del guadagno, e la diffusione che se ne fa nelle classi subalterne sarà sempre più tarda e meno egualmente distribuita, a misura che le manifatture hanno meno per oggetto i bisogni più universali e necessarj, che quelli più particolari e superflui. Ma quando sieno abbastanza stabilite le manifatture di primo uso e di prima necessità, nell’ascendere alle più raffinate, oltrechè la condizione delle cose medesime vi ci conduce naturalmente, sarà sempre ottimo l’accelerar nei progressi, perchè allora, soddisfatti coll’interno travaglio i bisogni popolareschi e d’ampia universale esigenza, il guadagno delle arti raffinate sarà fatto sulle altre nazioni, e per conseguenza crescerà nello Stato la massa delle ricchezze, ossia delle cose utili e piacevoli, o almeno ciò che le rappresenta e dà un diritto di acquistarle.

Ma la comune esigenza medesima non sarà la sola primaria norma onde scegliere le manifatture; bisognerà ancora avere riguardo alle materie prime, che il suolo è capace di produrre nelle date circostanze. Sarebbe per esempio un pazzo consiglio lo spatriare presso di noi l’accostumato lino per alloggiare il forastiero cotone; così quantunque le lane sieno le materie prime, che dopo l’alimento offrono i più comuni e meno dispendiosi comodi della vita e ci difendono nelle necessità le più indispensabili, io però non crederei perciò che si dovesse abbattere l’immensa popolazione dei nostri gelsi, o dissipare le 115,000 vacche che pascolano