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viii Introduzione


Pensava invece al paese, in cui, ancora sotto il dominio austriaco, aveva incominciato il suo insegnamento universitario, pensava che tra poco avrebbe rivista la sua Cernauți (prego, non più Czernovitz!) che per tanti anni aveva ospitato i suoi sogni, dove tanta preziosa attività scientifica e nazionale aveva esplicato per tanti anni, e gli occhi gli ridevano dicendomi:

— Ora possiamo dire d’esser davvero in Bucovina! —

Anche a me gli occhi ridevano, ma per una ragione diversa. Io sono — ahimè — letterato, incorreggibilmente letterato (se volete, anche un po’ poeta) e mi frullavan per la mente dei.... versi.

Quei versi erano di Eminescu:

Non dimenticherò mai, o bella Bucovina,
il genio tuo romantico, i monti tra la luce,
                                le valli tra i fiori,
i fiumi rimbalzanti fra picchi dirupati,
le acque che risplendono qual freschi diamanti
                                oltre i campi, lontano.

Ero affacciato al finestrino, avevo accanto un amico degno di questo carissimo nome, dall’interno del vagone veniva fino a noi un allegro rumore festivo fatto di esclamazioni virili di meraviglia, di acute risa di donne e di bimbi, e il mio pensiero riandava con dolcezza i primi anni del mio soggiorno in Rumania, la dolce casetta dal giardino pieno di lilas e di passerotti, nella quale avevo letto per la prima volta e cominciato a tradurre Eminescu; pensavo inoltre ai primi anni felici trascorsi fra quei boschi e quelle praterie favolose dall’infelice e grande poeta, e ripetevo fra me e me.... altri versi:

Vorrei vedere adesso la nativa mia valletta
    bagnata nel cristallo del ruscelletto argenteo,
veder ciò che sì forte amavo un tempo:
    la tenebrìa del bosco, poetico labirinto;