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Pagina:Eminescu - Poesie, 1927.djvu/168

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90 Eminescu



Ecco che un araldo di pace s’avanza, con in cima a un bastone un velo,
70e Bajazid, guardandolo, gli domanda con disprezzo:

— Che vuoi tu? — Noi? Pace e amistà! E, se non vi dà noia,
il nostro Sovrano vorrebbe vedere il grande Padiscià.

Ad un cenno, si fa largo e alla tenda s’avvicina
un vecchio semplice all’abito e alla parola.

75— Sei tu Mircea? — Sì, Signore! — Son venuto perchè omaggio?
tu mi renda, e la corona non ti si cambi in spine.

— Qualunque sia la tua intenzione, Signore, e comunque sii tu venuto,
finché siamo ancora in pace, io ti dò il benvenuto.

Quanto poi al farti omaggio, mi dispiace, ma non posso.
80Sia però che guerra e strage a portarci sii venuto,

o che indietro tornar pensi e non più farci del danno,
fa’ che noi possiam saperlo. Questo in grazia io ti domando.

Nell’un caso che nell’altro ciò ch’è a noi predestinato
rassegnati subiremo: sia la pace sia la guerra.

85— Come? or che tutto il mondo le sue porte mi spalanca,
pensi tu che possa un ciottolo impedirmi l’avanzata?

Oh tu, vecchio, neppur sogni quanti ostacoli ho infranti:
tutto il fior di giovinezza dell’intero Occidente,

quanti all’ombra della croce cavalieri si raccolsero
90la tempesta ad affrontare della fiera Semiluna!

In maglie rilucenti partirono i cavalieri di Malta,
il Papa colle sue tre corone poste l’una sull’altra

il suo fulmine scagliò contro il fulmine, che nell’ira
sua tempestosa terra e cielo colpì;