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Poesie 95


215Demagoghi non abbiamo che cento al giorno
lance spezzan d’eloquenza tra gli applausi della strada?

Giocator di bussolotti? Danzatori sulla corda
e maschere (tutte celebri!) della Commedia della Menzogna?

O di patria e di virtù non parla forse il liberale,
220sì che parrebbe che la sua vita fosse pura come il cristallo?

Nè tu sogni di parlare col più vile perdigiorno
che di tai parole ride, mentre cinico le snocciola!

Eccolo davanti a te, il mostro senz’anima e senza cuore
colle sue ciglia pelose, col suo muso grasso e tumido,

225nero, gobbo e avido, fontana di raggiri,
che a’ suoi pari dispensa le sue velenose imbecillità!

Tutti han virtù sulle labbra, e in mano moneta falsa,
quintessenza d’abiezione dalla testa alle piante,

e su tutti, a passare le sue schiere in rassegna,
230un omicciattolo fissa lo sguardo de’ suoi sporgenti occhi di rospo

Tra costoro oggi la Patria sceglie gli araldi suoi!
Uomini degni di stare tra le mura di San Golia

in camicie lunghe e bianche cuffie di folli,
ci dan leggi, c’impongon tasse, ci parlan di filosofia!

235Patrioti! Virtuosi! E, insieme, tenitor di locali
dove spumeggia la dissolutezza in gesti e in parole!

Con bigotteria volpina seggon ai lor stalli
quasi fossero ingenui fraticelli nel coro

e applaudono frenetici scurrilità oscene
240canzonacce, danze immorali, sudicerie d’ogni sorta.

Poi in Parlamento s’adunano ad ammirarsi a vicenda;
bulgaracci dalla grossa nuca, grechetti dal naso fino.

E tutte queste mutrie si dicono Romani!
Tutto il greco-bulgarume è nipote di Traiano!

245Dovrà dunque questa bava velenosa, questa plebe, questa lordura
dominare indisturbata sulla patria e su noi?